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EDITORIALE
Il XXV esimo
anniversario dell’Associazione Italiana Radioascolto è una ricorrenza troppo
importante, e vale la pena soffermarsi su alcuni aspetti dell’associazionismo
italiano legato al mondo della radio.
Già nel anni 50 e 60 esisteva in Italia una rivista dedicata al
radioascolto, trasformata più tardi in Rivista Onde Corte dell’Italia Radio
Club. Lo smembramento di questa organizzazione, per
gravi problemi organizzativi, ma anche per notevoli divergenze interne, causò
il nascere di numerosi piccoli gruppi d’ascolto, ognuno a batter moneta per
conto proprio, pardon, volevo dire ogni gruppo dedito a pubblicare un piccolo
bollettino in proprio. Il lapsus era volontario, considerato
che la nostra è sempre stata una Penisola di tanti staterelli. Fu così che nacque Onde di Giuseppe
Zella, il Play DX con Dario Monferini di
Milano, Hotline di Francesco Clemente, GAT Flash di Torino, Italian DX News a
Napoli, GARS Radio Notizie a Reggio Calabria e altre iniziative minori. La caparbietà di numerosi elementi, e non so che altri aggettivi
trovare, creò la FRI, che doveva essere una federazione di gruppi, e che si
sgretolò quasi subito. Dopo venne l’AIR, decisa ad andare avanti
autonomamente, anche senza l’apporto degli altri gruppi italiani. Insomma era una
tentata ricostituzione dell’Italia Radio Club. Quasi
parallelamente nacque il CO.RAD. Coordinamento Radioascolto, da una idea di Claudio Dondi, ancora una volta con lo spirito
di una federazione di gruppi, per tentare di amalgamare, o quanto meno dare una
sola voce ai piccoli gruppi di radioascolto italiani. E
questi, per la prima volta insieme pubblicarono una sola rivista, l’Almanacco
CO.RAD. annuale, con i loro contribuiti realizzati
autonomamente. In effetti le varie iniziative
esistenti nelle Penisola erano del tutto contrarie a una organizzazione come
l’AIR, ne contestavano la rappresentatività a livello nazionale ed erano
disposte a tutto per contrastarne l’espansione. Soprattutto Monferini, sottolineava di non sentirsi rappresentato da una associazione
come l’AIR. Peggio ancora da Napoli si criticava l’aspetto burocratico di una associazione impantanata in timbri, carta intestata e
patacche, con poco spazio al vero hobby. SI creavano così differenti correnti di pensiero, alcuni
disposti a guerra aperta contro l’AIR, altri ad andare per conto proprio e
lasciarli nell’indifferenza. Numerosi anni dopo placati gli animi non ci sono
più quelle polemiche di una volta. I ruoli sono netti e ben delineati.
La democrazia all’interno di una associazione come l’AIR,
traspare dalla possibilità che ogni socio possa esprimersi liberamente al suo
interno, soprattutto dalle pagine
dell’organo ufficiale RADIORAMA. In questi anni l’AIR è stato un punto di
riferimento e di incontro per numerose persone che si
avvicinavano per la prima volta al radioascolto, soprattutto a chi ascoltava
trasmissioni in italiano dall’estero. Oltre la rivista,
distribuita in numerose biblioteche e negozi, importanti i meeting annuali, la
partecipazione alle fiere, e l’organizzazione in Italia per la prima
volta della riunione della Federazione Europea del Radioascolto (l’EDXC). Nonostante le grandi possibilità e mezzi, l’AIR non riesce a
premere e a farsi sentire per il mantenimento di trasmissioni nella nostra
lingua. E ancora rimane il dubbio sulla
rappresentatività nazionale e la mancanza di dialogo con le altre realtà
alternative italiane. Il grande Eduardo De Filippo diceva, ogni popolo ha il
governo che si merita, e il problema che si trova ad affrontare l’AIR è la carenza
di collaborazione al suo interno, altrimenti si potrebbero fare tante cose. Il problema di Machiavelica natura, gli italiani e l’attesa del
Principe, gli italiani che aspettano imposizioni dall’alto anziché rimboccarsi
le maniche e lavorare insieme.
Per l’AIR tanti auguri, ma soprattutto tanti auguri a chi ancora
ascolta la radio in Italia, perché di coraggio ce ne vuole. L’Italia è fatta ora bisogna fare gli italiani, possiamo dire in vena
di citazioni, e dunque l’associazione è stata fatta ma bisogna “fare” i soci.
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