80 ANNI DALLA LIBERAZIONE DI AUSCHWITZ
Giornata della Memoria 2025
Music List ovvero la musica e l'Olocausto
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Oggi in
relazione alla Giornata della Memoria del 2025, apriamo una finestra su un
aspetto forse non troppo conosciuto dal pubblico, ovvero
la Musica e la Shoah.
Come sappiamo purtroppo molto bene, le affinità fra nazismo e fascismo sono
stato davvero molte, ed anzi a dire il vero Hitler, fu a Mussolini che si
ispirò per dar forma alle sue idee malate.
Così mentre Mussolini, cercò di trovare le sue radici intorno alle figure
mitologiche e alla grandezza dell'Antica Roma,
Hitler prese a modello, i miti di Odino, i nibelunghi, ma anche e soprattutto a
esaltare i grandi nomi della musica classica, che avevano fatto grande la
Germania. Manie di grandezza proprie di ogni nazionalismo.
Onestamente, anche se si può raccogliere un certo amor di patria intorno a
figure come Handel, Bach e Beethoven, non vedo proprio come si sia arrivata, a
una tale esasperazione nazionalistica e strumentalizzazione di figure, che
realmente hanno dato lustro alla Germania. E che invece Hitler non avrebbe
avuto diritto nemmeno di pronunciare.
Molto diverso fu per Wagner
Le basi teoriche naziste sulla musica, furono fornite dal saggio di Richard
Wagner, "Il giudaismo nella musica" (Das Judentum in der Musik),
apparso sulla rivista Neue Zeit/ schrift für Musik (il 3 e 6 settembre 1850),
in cui il celeberrimo compositore contrapponeva la musica "tedesca" a
quella "ebraica" - (Wikipedia)
Ed ecco dunque perché come detto negli altri speciali dedicati alla giornata
della Memoria, dopo l'impego di Wagner nei campi di sterminio. Per numerosi
anni dopo la guerra, fu addirittura vietato in Israele, l'esibizione nei
pubblici concerti di musica classica di quell'autore, che forse non immaginava
sarebbe divenuto l'antisignano del nazismo già nell'800.
Tutto questo mentre l'abituale segnale d'intervallo di Radio Londra, invece
erano le prime note della V^ di Beethoven.
tutto ciò rientra nell'abilità che hanno le dittature, soprattutto quando al
popolo non è dato il diritto di replica, cioè quello di imporre dall'alto il
proprio diktat.
Dunque la musica, che oggi, noi tutt'al più impieghiamo come musicoterapia, i
nazisti la trasformarono in propaganda nazionalistica, ma anche per altri
scopi, vediamo quali.
Il principale era alzare il volume, per non far sentire i gemiti che
provenivano dalle sale dove eseguivano le torture,
oppure per coprire le urla provenienti dalle camere a gas.
O anche per innescare una sorta di meccanismo psicologico perverso fra gli
internati, chiamati a quei noti appelli alle 5 del mattino, dove oltre il gelo
e la neve, quella musica che usciva dagli altoparlanti, contribuiva a creare
un'atmosfera surreale a tutto ciò che accadeva intorno.
Aprendo una finestra sull'argomento, e leggendo qua e là, scopriamo che sono
state fatte delle vere e proprie classificazioni, della musica usata durante il
nazismo.
****Innanzitutto la musica "concentrazionaria" ovvero quella che in
numerose occasioni venne composta nei campi di prigionia da autori anche
famosi, che vi trascorsero gli ultimi anni della loro vita. In alcuni casi come
a Terezin, probabilmente venne anche agevolata dagli stessi carnefici, o per
tenere i prigionieri impegnati, e soprattutto per mascherare alle visite della
croce rossa, l'invivibilità con un'apparente vita normale nei campi. In quel
contesto i detenuti erano obbligati a eseguire la musica ufficiale, mentre di
nascosto suonavano la propria.
I compositori si preoccuperanno di lasciare le loro opere in nascondigli di
fortuna, quando anche per loro giungeva il momento della deportazione finale.
David Botwinik, raccolse dalla memoria orale i numerosi canti dei deportati, la
cui musica tornerà a rivivere nel dopo guerra.
****Poi ci fu la cosiddetta musica "degenerata". Ed era tutta la
musica composta fuori dai campi, per tutto il periodo della dittatura nazista e
di cui era proibito l'ascolto. Questa era una situazione molto simile
all'Italia, dove per esempio si iniziò a proibire la musica jazz, o cantanti
che avessero nomi non italiani. Un'altra assurdità, in quanto chi conosce le
origini del jazz, sa benissimo che in parte, oltre agli afroamericani, vi
contribuirono alla nascita anche gli emigranti italiani in America. I musicisti
perseguitati reagirono usando la loro arte come una forma di resistenza
spirituale e uno strumento di denuncia dell'oppressione.
Sì, insomma gli internati erano una sorta di Bob Dylan,
ante-tempo.
La loro produzione musicale, si svolge nell'ansia continua dell'arresto e della
deportazione
****Poi vi fu la musica dell'esilio, ovvero tutta la produzione musicale degli
ebrei, che fecero in tempo a lasciare la Germania nazista o altri Paesi
occupati, e iniziarono a comporre soprattutto in Gran Bretagna e Stati Uniti.
Proprio negli Stati Uniti degli anni '40, tra i numerosi rifugiati ci sono
famosi musicisti e direttori d'orchestra europei, fuggiti per motivi politici o
razziali, da Arthur Rubinstein a Mario Castelnuovo-Tedesco, da Erich Itor Kahn
a Vittorio Rieti.
Essi non mancarono di farsi portavoce delle sofferenze delle milioni di vittime
dell'Olocausto ed a incitare la lotta di liberazione antifascista. Il 31
gennaio 1944 un adattamento dell'Inno delle Nazioni di Giuseppe Verdi, ad opera
di Arturo Toscanini, fu radiotrasmesso con voce solista del tenore ebreo
americano Jan Peerce.
A queste
tre definizioni, concentrazionaria, degenerata e dell'esilio, io mi sentirei di
aggiungerne un'altra:
la musica
da gran cassa. Quella che fa rumore e amplifica i problemi.
Ovvero di artisti come Shoenberg, che nel dopoguerra composero delle opere per
rappresentare l'Olocausto e mantenere viva la memoria
Gli esperti hanno rapportato il loro stile alla pittura,
all'impressionismo soprattutto.
L'accostamento è senz'altro più semplice, a quello dei numerosi internati, che
scampati allo sterminio, decisero di scrivere libri, testi, memoriali e poesie.
Insomma la stessa esigenza di tutti, di lasciare traccia di ciò che era
accaduto:
uno libro, un quadro, un testo musicale.
Mentre purtroppo, in poche ore scomparve un'intera generazione di musicisti,
compositori.
La Musica scritta dai detenuti nel campo di concentramento di Theresien-stadt
durante la seconda guerra mondiale.
Cantanti, coristi, musicisti, compositori e maestri di orchestra furono
deportati da Terezin ad Auschwitz Birkenau, dove trovarono la morte nelle
camere a gas,
uno spaventoso buco generazionale del quale solo oggi
l'intellettualità ha preso coscienza»
La musica dell'Olocausto fu composta nei ghetti, nei campi di
concentramento, negli accampamenti dei partigiani, tra i rifugiati o in
clandestinità per ribellarsi ai tedeschi. Secondo Francesco Lotoro, fino al
2022 sono state recuperate circa 5000 composizioni scritte nel periodo dell'Olocausto
dalle varie categorie di internati.
Il Tango della morte
Nella tradizione memoriale del lager di Janowska, il Tango della morte (in
tedesco Todestango) fu un brano musicale commissionato dalle SS a un musicista
ebreo detenuto, affinché fosse eseguito dall'orchestra dei prigionieri durante
lo sterminio di altri internati. Il tango sarebbe stato poi interpretato dagli
orchestrali per loro stessi, uccisi uno alla volta poco prima dello
smantellamento del lager (1943).
Le testimonianze dei sopravvissuti nell'immediato (1944) confermano che durante
gli atti di sterminio suonava l'orchestra, ma non menzionano mai un tango. Il
modo drammatico dello sterminio degli orchestrali, a sua volta, è attestato da
poche testimonianze oculari.
Di un brano intitolato Todestango non esistono partiture, ma solo rare
reminiscenze, emerse a distanza di anni in tre diverse versioni. Una non è mai
stata riconosciuta; le altre due sono state ricondotte ai tanghi Plegaria di
Eduardo Bianco (1927) e To ostatnia niedziela di Jerzy Petersburski (1935).
Alcuni, con tutti i limiti imposti dall'assenza di prove documentali,
sostengono che il brano fosse un arrangiamento di To ostatnia niedziela.
Secondo altri, il Todestango non era una melodia speciale, ma un concetto
astratto che rifletteva la percezione, da parte degli internati, di qualunque
brano eseguito durante impiccagioni e fucilazioni, qualsiasi brano, che
ribattezzavano, giunto il triste momento: e adesso inizia il tango!
Si è avuto traccia di questo tipo di musica anche nella musica pop inglese,
vedi gli Spandau Ballet Through the Barricades, che sarebbe attribbuito alla
danza degli impiccati, questa volta però dei criminali condannati dopo il
processo di Norimberga.
"La narrazione tradizionale sul Tango della morte è in ogni caso
un'importante testimonianza sul vissuto dei prigionieri e sull'abuso nazista
della musica, che nei campi di concentramento e sterminio non fu solo strumento
di resistenza dei deportati, ma anche strumento dei persecutori per annichilire
l'umanità delle loro persone".
I concerti nei campi
A Theresien-stadt furono eseguiti centinaia di concerti con un pubblico misto
di ebrei ed SS, fra cui anche il gerarca nazista Adolf Eichmann. Il repertorio
proposto era vario, vasto e riguardava generi molto diversi: dalle opere
sinfoniche alla musica da camera, dagli oratori ai canti religiosi, dalla
musica classica a quella popolare e allo stesso swing. Venivano eseguite non
solo le composizioni e le opere di cechi come Leoš Janáček, Josef Suk e
Bedřich Smetana (La sposa venduta), ma anche di quelle di Beethoven,
Mozart, Brahms così come, opere come la Tosca di Giacomo Puccini e la Carmen di
Georges Bizet fino allo stesso Verdi con il suo Requiem.
Le fonti consultate, per questa trasmissione sono Wikipedia e articoli di
giornali presenti sul web
Ricerca, testi e riduzione radiofonica di Dario Villani.
Seconda Parte
Il 23 gennaio scorso si è svolto a Roma, presso la Sala Sinopoli
dell'Auditorium Parco della Musica Enni Morricone, l'abituale concerto della
Giornata della Memoria organizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche di Roma
in collaborazione col Festiva Viktor Ullman (compositore ceco morto a Terezin)
di cui oggi abbiamo ospite la dott.ssa Luisa Franco.
Oggi nell'80esimo anniversario della liberazione di Auschwitz, per la Giornata
della Memoria del 2025, apriamo una finestra su un aspetto poco noto.
Ovvero la Musica e la Shoah.
Parleremo di musica concentrazionaria (quella eseguita o composta nei lager),
di musica degenerata (proibita e suonata nei ghetti) e la musica dell'esilio
(composta dai compositori che fecero in tempo a lasciare la Germania).
La musica che i nazisti trasformarono in propaganda. Usata per coprire col
volume, i gemiti, che provenivano dalle sale dove eseguivano le torture.
Oppure per le urla provenienti dalle camere a gas. Per innescare una sorta di
meccanismo psicologico perverso fra gli internati, chiamati a quei noti appelli
alle 5 del mattino, dove oltre il gelo e la neve, quella musica che usciva
dagli altoparlanti, contribuiva a creare un'atmosfera surreale a tutto ciò che
accadeva intorno. I compositori riuscirono perfino a salvare la musica
nascondendo le partiture nelle baracche. Ma con l'eccidio in massa di
compositori e musicisti, si è avuto uno spaventoso buco generazionale del quale
solo oggi gli intellettuali hanno preso coscienza. Fino al 2022 sono state
recuperate circa 5000 composizioni, scritte nel periodo dell'Olocausto dalle
varie categorie di internati.
Su questi temi nella seconda parte del programma, proporremo un'intervista con
la dott.ssa Luisa Franco del Festival Viktor Ullmann, che ogni anno organizza
il "Concerto della Memoria" insieme all'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane.
link allo speciale
podcast
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